1995-1997
Partner
Year
Where
Palermo | Italy
Feste patronali: la trilogia del Festino di Santa Rosalia
The most ancient “Baroque Festival” in the Mediterranean, to commemorate the liberation of Palermo from the plague following the discovery of the remains of the Palermo virgin-saint, Rosalia. Every year the festival re-enacts the plague and the city’s salvation showing the saint, the miracle and the angel in a open-air production on the night of the 14 July that crosses the whole city from the Norman Palace to the sea. Three years of Palermo on show. Three years of a different Festival. Three years of a cultural project designed for the city. An immense effort to give enormous joy. Hundreds of artists from all over Europe. Boats, flaming towers, magnificent floats, curtains of water and a giant firework display to celebrate the city of Palermo, with more than 500,000 participants.
Feste patronali: come rinasce la tradizione
Per il Festino di Santa Rosalia di Palermo, siamo ripartiti con la necessità di ricostruire un linguaggio di festa, in grado di tornare a stupire e a mostrare, di riprendere le fila di una memoria arcaica del fare festa e non dalla filologia dell’esatta tradizione pedissequamente osservata.
Non si è trattato di “tenere in vita” una memoria, ma di far vivere il corpo sano e magnifico di una città in festa.
Quando siamo stati chiamati per realizzarlo era ridotto a due semplici atti: la discesa del Cassaro con un carro e un gruppo di musicisti vestiti con abiti del Settecento e i buotti alla marina.
Monica Maimone ha avuto l’idea di raccontare perché e come si formò la necessità del festino: il vice-re di Spagna che albergava al palazzo dei Normanni volle che attraccasse al porto un naviglio nonostante si sapesse che portava a bordo malati di peste poiché portava doni per lui.
Da lì la storia della diffusione della peste, del cacciatore che trovò le spoglie della giovane eremita Rosalia sul monte Pellegrino.
Avuta questa idea fondante, Festi Group l’ha messa in scena con i linguaggi delle feste patronali.
Abbiamo progettato la moltiplicazione dei soggetti, per cui il naviglio diventò decine di navi che apparvero alle finestre di Palazzo dei Normanni.
Inoltre abbiamo utilizzato metafore e allegorie: la cattedrale è stata interamente nascosta con una rete a significare che la peste aggredisce e distrugge anche gli edifici, ciò che l’umanità edifica pensando alla loro eterna durata.
E poi, l’angelo dell’annuncio in volo sospeso a una sfera con il viso di una luna, l’immagine della Santa, la statua a dominare il carro, costituita da un profluvio di rose che coprivano anche l’intero carro.
All’arrivo del carro ai Quattro Canti, la Santa veniva svelata perché nella storia è lì che compare: tanti cittadini si sono buttati a terra in ginocchio, le mani giunte, e la salita ai piedi della santa del sindaco per depositare le rose è diventato l’omaggio davvero di una città alla sua Patrona.
Palermo e la sua nuova festa
In tre anni (1995-1997) Palermo è diventata cantiere della nuova festa europea e mediterranea, coinvolgendo artisti provenienti “dai quattro angoli del mondo”: artisti del nuovo teatro e dello spettacolo a cielo aperto.
Tutti abbiamo sentito l’urgente volontà di tornare a dire, narrare, raccontare, mostrare i fatti e le parole della storia: Rosalia, la peste, il rimedio – la tenebra e la luce – il silenzio e la musica – il lutto e la festa.
Abbiamo composto nuove materie, simboli, immagini: i carri narrativi e significanti, il fuoco e l’acqua a bruciare e mondare, distruggere e tornare a vivere; gli angeli di vita e di morte, di luce e di tenebre; le pietre, le rose, il bianco degli appestati calcinati, la parole vere e dure della storia; la musica che con la luce è lingua madre di tutti gli accadimenti; e soprattutto astri e pianeti che avvicinano il cielo alla terra e fanno del Festino una scena mai vista e mai vissuta.
Il Festino è di Palermo e dei palermitani, ora e per sempre. Ma può essere, potrebbe essere, per tutti una possibilità, un esempio, una rinascenza.
Un modo vivo di riaccendere la memoria che una città ha di se stessa.